Il fuoco greco by Luigi Malerba

Il fuoco greco by Luigi Malerba

autore:Luigi Malerba [Malerba, Luigi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


17

Uscito l’Eparco dal suo ufficio, Leone Kuropalata avrebbe voluto dare sfogo alla furia distruttiva che faticosamente aveva dominato durante il colloquio. Teneva ancora fra le mani la pergamena sigillata e proprio su quella per un attimo le sue mani si strinsero con violenza come artigli, ma subito lasciarono la preda. Come poteva succedere che il fratello dell’Imperatore, battezzato Leone e nominato Kuropalata, fosse in balia delle ombre, ridotto alla impotenza da uno sfuggente Eparco già vittima destinata agli abissi e all’oblio, e uscito proprio ora dal suo ufficio con la testa ben salda sulle spalle? Non era uomo da poco quell’Eparco, lo aveva dimostrato correndo sull’orlo dell’abisso senza precipitare e fermamente deciso, dopo questo primo gesto di sottomissione, a non ripetere il rischio. E lui si era lasciato sfuggire l’opportunità di eliminare non un rivale, perché tale non era, ma una testa pensante e autorevole, un maestro di giustizia e di saggezza dal quale si sentiva disprezzato, e che aveva costruito la sua fama e autorità come uomo superiore agli intrighi. Sapeva bene a quali altezze questa condotta avrebbe portato quell’uomo un giorno nemmeno tanto lontano, anche se intorno alle sue ambizioni e alle sue alleanze le voci erano state sempre assai discrete.

Il Kuropalata era certo che l’Eparco stava in agguato aspettando il giorno in cui l’Imperatore Niceforo Foca sarebbe caduto vittima di quella donna funesta di nome Teofane, che sedeva sul Trono accanto a lui senza condividerne il letto coniugale secondo la prescrizione di Polieuto. Teofane odiava Niceforo o, peggio ancora, lo disprezzava, e nessuno poteva convincere il Kuropalata che questo decreto del Patriarca non esaudisse un segreto desiderio dell’Imperatrice. Ma Teofane non era sufficientemente astuta per rendersi conto che, caduto Niceforo, probabilmente sarebbe caduta a sua volta lasciando libero il campo alle ambizioni segrete dell’Eparco.

Il Kuropalata voleva scacciare dalla sua mente questi pensieri che gli bruciavano dentro come un fuoco tormentoso. Si alzò dalla sua sedia scomoda e solenne come un trono, e cominciò a camminare in tondo lungo le pareti, come un prigioniero. Il caldo afoso entrava a flussi lenti dentro la stanza che qualche momento prima era stata percorsa dai venti furiosi della sua collera. Quell’aria calda e densa, carica di umidità marina, gli toglieva il respiro. Ansimante, Leone si appoggiò a un tavolo per reggersi come ogni volta che sentiva avvicinarsi quelle terribili crisi di soffocamento che nessun medico era riuscito a curare. Poi si mosse lentamente verso una credenza dove teneva delle foglie di eucaliptus che durante le crisi bruciava su un piattino aspirandone il fumo. Si accorse in quel momento che un gattino tigrato, arrivato non si sa da dove, si era accucciato sotto il mobile e muoveva la coda forse per attirare la sua attenzione.

Con un gesto improvviso il Kuropalata si chinò ad afferrare la bestiola e la fece volare fuori dalla finestra spalancata. Quando si affacciò vide laggiù in basso, in fondo al grande vuoto del cortile, una cosa scura e immobile schiacciata al suolo senza vita. Non era riuscito a togliere la vita all’Eparco e l’aveva tolta a un innocente e piccolo animale.



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